Tab Article
Non è rimasto nessuno ad Ainielle. Se ne sono andati gli uomini e le donne, i pastori e i contadini, i giovani, i vecchi, gli animali. Rimangono i serpenti, nascosti sotto le rovine delle case. E rimane Andrés. Erano lui e sua moglie, prima, poi Sabina si è impiccata nel mulino abbandonato e ora, a fargli compagnia, non rimane che una cagna macilenta. Anche i villaggi vicini si stanno svuotando, dissanguati dalla guerra e da un progresso senza nome e senza pietà. Ma Andrés non ha intenzione di andarsene, nemmeno quando la pioggia gialla del tempo comincia a cadere e i fantasmi dei suoi morti tornano a visitarlo. Romanzo più per convenzione editoriale che per essenza, perché la sua natura è più vicina all'elegia e alla trenodia, di cui riprende l'ossessione per le anafore e le ripetizioni, "La pioggia gialla" è - nelle parole di Andrea Gentile, dalla postfazione che chiude il libro - romanzo della pura morte, poiché tutto, nella vicenda di Andrés, è fine, ma anche romanzo della pura vita, perché è il suo respiro, costante, affannato, a imprimere alle pagine il ritmo slavinante di un postremo testamento che è, insieme, un inno all'umana resistenza.